sabato 2 marzo 2013

L'intervista al Presidente

Fantaparodia surreale, 28618 caratteri, versione 1.1


L’INTERVISTA AL PRESIDENTE
di
Leonardo Boselli



Ogni riferimento a persone e cose esistenti nella realtà o
a fatti veramente accaduti è da ritenersi del tutto casuale.


Questo racconto è il seguito de “Il delirio del Presidente”.
È bene che il lettore legga i racconti in ordine, perché
nel seguito non saranno riepilogati gli antefatti.

“Le voci che descrivevano un Presidente gravemente malato, dopo alcuni giorni di assenza dalla scena politica, si sono rivelate clamorosamente infondate. Ecco la trascrizione dell’intervista a cui la giornalista Clara Bonucci ha sottoposto il Premier, il quale, nel rispondere alle domande, si è dimostrato come sempre in ottima forma. [Segue l’intervista]”.
Questo è il comunicato ufficiale. Ecco invece che cosa è successo veramente.


Lo staff dell’Unità di Crisi era riunito per fronteggiare l’emergenza. La convalescenza avrebbe richiesto alcune settimane e poi il Presidente sarebbe tornato in piena forma, ma tre giorni senza mostrarsi in pubblico erano già troppi, soprattutto perché la situazione del paese richiedeva interventi continui. I nemici, interni ed esterni, ne avrebbero sicuramente approfittato.
Il direttore dell’Unità di Crisi, che aveva sostituito il ‘grande vecchio’ da poco scomparso, percorreva a lunghi passi nervosi l’intera lunghezza della sala, mentre gli altri membri dello staff ne seguivano con apprensione le evoluzioni. A un tratto si fermò e, come se avesse rimosso uno spiacevole episodio a cui lui stesso aveva partecipato, disse: «Qui ci vuole un’idea geniale. Dov’è il ragioniere capo?»
Nessuno sapeva rispondere e il nuovo neoassunto, l’ultima ruota del carro, un ragioniere di Redipuglia, con la spavalderia della gioventù, azzardò: «Sarà in licenza premio.»
Il direttore non ci fece caso, riprese a misurare la sala un passo dopo l’altro e, mentre camminava, pensava ad alta voce: «L’ideale sarebbe un’intervista da far trasmettere nei prossimi giorni a tutti i telegiornali. Deve essere rassicurante. Non il solito comunicato registrato che lascerebbe insoddisfatti tutti, non questo. Piuttosto una vivace intervista dialogata, magari con una bella donna. Il Presidente dovrebbe parlare un po’ di tutto, essere affabile come sa fare, magari anche galante, ma senza esagerare... non deve esagerare come al solito, dobbiamo farglielo presente. Che ne dite?»
Un consigliere gli fece notare che sarebbe stato davvero l’ideale, ma non era possibile.
«Certo,» continuò il direttore, «l’intervista che risolverebbe il nostro problema non è possibile, perché se lo fosse non ci sarebbe un problema da risolvere...»
Quando iniziava questi discorsi, gran parte dello staff perdeva il filo.
«Ci sarebbe una possibilità!» disse il ragioniere di Redipuglia, sempre con l’incoscienza dell’ultimo arrivato.
Il direttore si fermò e tutto lo staff si mise a fissare il giovane con uno sguardo inquisitore che diceva: “Eccone un altro che pensa di sapere tutto. Chissà quanto durerà questo.”
Dopo aver attirato l’attenzione, troppa attenzione, si sentiva un po’ a disagio, ma preso coraggio cominciò a spiegare: «Sapete che la tecnologia ha fatto passi da gigante, ora nelle tasche abbiamo dei cellulari che autonomamente ci pianificano la giornata secondo i nostri impegni, rispondono per noi alle telefonate, addirittura ci prenotano le ferie...»
Il direttore intervenne: «Non mi dica niente! Il mio telefonino mi ha prenotato una vacanza a Courmayeur. Io non ci voglio andare, odio la montagna, ma lui dice che mi fa bene alla pressione... la pressione! Va beh, continui pure» e lasciò la parola al ragioniere, mentre dalla tasca usciva un bip-bip di rimprovero.
«Bene, stavo dicendo che ormai l’intelligenza artificiale ha fatto passi da gigante: riconoscimento vocale e facciale, contestualizzazione del linguaggio, scelta della reazione più appropriata, sono tutte tecniche ormai accessibili...»
Il direttore ci rimise il becco: «Non ho capito un’acca, ma continui.»
«Dunque, all’Università...»
Interruppe ancora: «Ma lei non è ragioniere?»
«Sì, ma sono anche laureato. Nel curriculum non l’ho scritto perché i laureati costano troppo e non mi avreste assunto.»
«Molto bene,» replicò il direttore lanciando un’occhiata fulminante al responsabile assunzioni, «si vede che ha spirito d’iniziativa. Continui e concluda!»
«Dunque, all’Università Roma Quattro ho seguito il corso del professor De Giorgis sull’Intelligenza Artificiale applicata alla comunicazione. Una telecamera riprendeva un soggetto umano, l’immagine veniva elaborata da un cluster di computer e su uno schermo era sintetizzata la rappresentazione di un interlocutore che rispondeva a tono alle domande. Non solo, ma ne proponeva a sua volta e riusciva in questo modo a sostenere una conversazione. Si possono utilizzare anche parti pre-registrate, ma il sistema può improvvisare su una serie di parametri programmati. È stato il primo automatismo al mondo a superare il test di Turing: il sistema artificiale veniva riconosciuto come umano molto più spesso delle stesse cavie umane.»
Il direttore stupito chiese: «Ho intuito dove vuole arrivare, ma chi è questo professor De Giorgis? Non l’ho mai sentito nominare.»
Il ragioniere spiegò l’arcano: «Quando il suo sistema si è dimostrato efficace e le prime attestazioni di merito hanno cominciato a giungere dalla comunità scientifica internazionale, il professore ha interrotto le ricerche perché temeva che il ministero gli togliesse i fondi: non voleva rischiare di doversi trasferire all’estero.»
«Molto bene,» disse il direttore, «anche questo De Giorgis si dimostra una persona dotata di intelligenza. Contattiamolo e proviamo il sistema. Per quanto riguarda l’intervista dobbiamo trovare una giornalista giovane e di bella presenza. Qualcuno che non abbia problemi ad accettare una videoconferenza con il Presidente, ma che farebbe i salti mortali per ottenerla, magari una stagista. Le lasceremo carta bianca per quanto riguarda le domande, perché la solita intervista a senso unico potrebbe sembrare sospetta. La faremo trasmettere in sintesi, a reti unificate, al TG1 e al TG5 e poi completa in seconda serata.»
«Se mi posso permettere,» disse ancora il ragioniere, «la mia fidanzata ha terminato da poco la scuola di giornalismo e sta svolgendo uno stage presso il giornale ‘La porcata quotidiana’ di Antonio Pataccaro e Marco Bavaglio. Secondo me è molto brava.»
«Non importa se è brava, ma è fondamentale che sia carina. E poi lavora per un giornale, se così si può chiamare, che non è tenero con il Presidente. Potrebbe essere un’ottima scelta. Le faremo un provino. Come si chiama?»
«Clara Bonucci.»
«Il nome suona bene» disse il direttore. Poi rivolto ai collaboratori ordinò: «E adesso trovatemi questo De Giorgis!»

* * *
Il professor Alberto De Giorgis stava ultimando la preparazione del suo sistema cibernetico nella cabina di regia.
Si sentiva a disagio, perché alle sue spalle il direttore dell’Unità di Crisi spiava tutte le sue mosse.
«Manca molto?» chiese il direttore.
«No,» rispose, «ho ultimato l’inserimento di tutte le registrazioni del Presidente, dai filmini in super8 di quando faceva il piazzista di creme di bellezza fino ai kolossal tridimensionali trasmessi nell’ultima campagna elettorale. Il sistema sta completando l’elaborazione delle informazioni e creando la personalità virtuale che risponderà alle domande dell’intervista. La potenza di calcolo necessaria è enorme, ma per le prossime due ore ho prenotato i mainframes del CERN di Ginevra. Dovranno sospendere per tre giorni i loro esperimenti sulla fisica delle particelle elementari e la scoperta del bosone di Higgs potrebbe slittare di settimane, ma il disturbo se lo fanno pagare bene.»
Il direttore replicò: «È una fortuna che la RAI abbia una voce di bilancio apposita nel capitolo della divulgazione scientifica, altrimenti non ce lo saremmo potuti permettere.»
Nel frattempo, sui monitor della regia si vedeva Clara Bonucci, la fidanzata del ragioniere di Redipuglia, che si stava preparando. La truccatrice dava gli ultimi ritocchi, ma non c’era molto da sistemare: il Presidente virtuale l’avrebbe sicuramente trovata di suo gusto.
Il direttore prese il suo cellulare e gli disse: «Quel giovane... come si chiama, quello di Redipuglia... è promettente. Ricordati di proporlo per una promozione. Ragioniere capo potrebbe andare bene.»
Il telefonino confermò con una sensuale voce femminile: «Ho già provveduto! La pratica è in amministrazione», ma il direttore si arrabbiò: «Quante volte ti devo dire di non rispondere con questa voce? Mi fa impressione! Usa i bip» e la risposta fu: «bip-bip.»

Di fronte alle telecamere Clara Bonucci sfogliava le note con le domande e se le ripeteva mentalmente.
«Vedrai che andrà tutto bene» disse il fidanzato. Era stato deciso di tenerla all’oscuro del fatto che fosse un’intervista artificiale. Il realismo ne avrebbe giovato.
«Non so se andrà bene. Alcune domande di sicuro non piaceranno al Presidente, ma non ho intenzione di abbassarmi a compromessi.»
«Questa è un’occasione che non capita tutti i giorni. Bisogna capire quando è il caso di piegarsi, perciò sfruttala bene. Anche a me potrebbe garantire un passo in avanti nella carriera, e poi potremo sposarci.»
«Sì, certo» disse Clara, ma con poca convinzione.

Dalla regia giunse una voce gracchiante: «Siamo pronti! Un minuto al collegamento!»
Il ragioniere e la truccatrice si dileguarono e Clara rimase da sola nello studio. Illuminata da un occhio di bue, aveva di fronte a sé uno schermo scuro che rifletteva la sua immagine. Intorno a lei tre telecamere. La fissavano accendendo a turno il loro occhio rosso.

Clara si chiedeva che cosa ci facesse lì. Diventare una reporter, quello era sempre stato il suo sogno. Voleva emulare le giornaliste RAI d’assalto, come Giovanna Botteri o Monica Maggioni, che aveva seguito in televisione dieci anni prima con i loro reportages dall’Iraq durante le fasi della seconda guerra del Golfo. Era sempre stata quella la sua aspirazione e si era impegnata a fondo per conseguire le competenze necessarie. Aveva addirittura imparato quattro lingue, una delle quali era l’arabo.
Ora, però, senza alcuna fatica, si trovava già a poter intervistare il Presidente: cosa avrebbero detto i suoi colleghi più anziani? Per sua fortuna si trattava di una videoconferenza e c’era uno schermo di mezzo, altrimenti chissà cosa avrebbero pensato che fosse successo prima o dopo l’intervista. Tutto poi per colpa di un fidanzato che voleva lasciare da mesi.
Quella carta doveva giocarsela bene o sarebbe stata ricordata per il resto della sua carriera come la stagista che, tra le altre cose fatte con il Presidente, lo aveva anche intervistato.

«Tre, due, uno!» contarono dalla regia e dopo qualche istante sullo schermo apparve Lui. Era seduto con disinvoltura dietro una scrivania. Alle sue spalle, la bandiera italiana faceva bella mostra di sé in compagnia di quella dell’Unione Europea. La schermata divenne tremolante per qualche istante, ma poi si stabilizzò.
«Buongiorno, signorina!» disse l’immagine del Presidente, sfoderando un sorriso a 36 denti, sì, proprio quattro più del normale.
«Buo... buongiorno, Presidente!» rispose Clara balbettando.
Vederselo di fronte, così all’improvviso, l’aveva lasciata senza fiato. L’immagine nel mega-schermo tridimensionale era a grandezza naturale. Era davvero come averlo di fronte in carne e ossa, si poteva quasi toccare. Lo sguardo era magnetico, il sorriso sfolgorante, la pelle abbronzata e liscia come quella di un bambino. L’età era indefinibile, sembrava di vedere una sovrapposizione omogenea dei suoi ultimi vent’anni.
Nell’assistere a quella reazione, il direttore si chiese se la scelta della stagista fosse stata azzeccata. Il provino era andato bene, ma non era stata verificata la reazione a uno stress emotivo. Ci sarebbero stati tanti giornalisti di esperienza che avrebbero dato qualunque cosa, anche la più intima, per quell’intervista: qualche direttore di TG sarebbe forse arrivato anche a strisciare per ottenerla. Ma era toccato a quella ragazza e ora sembrava non essere all’altezza.

Dalla regia dissero: «Iniziate pure. Cerchiamo di fare un piano sequenza, ma non preoccupatevi se si dovrà tagliare qualcosa. Al montaggio penseremo dopo. Signorina, salti pure l’introduzione, la registriamo alla fine.»
Il Presidente, mentre la fissava con quel suo sguardo penetrante, disse: «Grazie, regia. Signorina è pronta? La vedo turbata.»
«Tutto bene, grazie. Ora iniziamo» disse lei deglutendo e riprendendo fiato.
Schiarì la voce, mise l’introduzione dietro il blocco, diede una rapida occhiata al secondo foglio e iniziò.

* * *
«Signor Presidente, nei giorni scorsi sono state formulate molte ipotesi sul suo stato di salute. A vederla così, faccia a faccia, mi sembra in ottima forma. Cosa ci può dire in proposito?»
L’immagine fu attraversata da un disturbo impercettibile, poi riprese nitidezza. Lo sguardo, che si era offuscato per un istante, divenne nuovamente vivo e consapevole.
«Lei, signorina, sa giudicare bene gli uomini. Mi consenta prima di tutto di ringraziarla per il suo apprezzamento e lo ricambio certamente con altrettanta considerazione nei suoi confronti. Se tutte le giornaliste fossero belle come lei, mi farei intervistare tutti i giorni. Molti hanno osato insinuare che fossi malato. Cosa rispondere: malato io? Sono Superman, anzi Superman a me mi fa ridere.
(La Stampa, 2 settembre 2009)
In realtà ho dovuto effettuare un check-up per una tendinite alla mano che mi perseguita da qualche anno.
Forse ha ragione chi dice che sono troppo vecchio per governare un Paese moderno. Ma ho il merito di affidarmi a persone competenti.
(Adnkronos, 27 marzo 2008)
L’età a volte fa dei brutti scherzi, ma mi consenta una battuta. Stamani in albergo volevo farmi una ciulatina con una cameriera. Ma la ragazza mi ha detto: “Presidente, ma se lo abbiamo fatto un’ora fa”. Vede che scherzi che fa l’età?
(l’Unità, 4 luglio 2010)
Spero che questa innocente storiella non l’abbia messa in imbarazzo» disse il Presidente sfoderando un sorriso disarmante.
«No, no, ci mancherebbe. La primavera scorsa sono stata in Afghanistan e in caserma i soldati si raccontano storielle come la sua» rispose Clara senza battere ciglio.
«È stata già in Afghanistan. Credevo fosse una giornalista precaria.»
«È così,» rispose, «ma ho già avuto modo di lavorare sul campo e mi sono resa conto di cosa voglia dire operare in una zona di guerra. Una guerra in cui sono coinvolti anche i nostri militari italiani.»
«Lei, signorina, si lascia trasportare troppo dalla sua sensibilità. Dal tono che usa sembra che dia la colpa di tutto a me.
Io non sono mai stato convinto che la guerra fosse il sistema migliore per arrivare a rendere democratico un paese e a farlo uscire da una dittatura anche sanguinosa. Io ho tentato a più riprese di convincere il presidente americano a non fare la guerra. Ho tentato di trovare altre vie e altre soluzioni anche attraverso un’attività congiunta con il leader africano Gheddafi. Non ci siamo riusciti e c’è stata l’operazione militare, ma io ritenevo che si sarebbe dovuta evitare un’azione militare.
(Omnibus-La7, 29 ottobre 2005)
E comunque se lo lasci dire, lei è giovane e bella, ma è precaria, perché sprecare la sua vita nel tentare una carriera faticosa?
Da padre, il consiglio che le do è quello di ricercarsi il figlio di Berlusconi o di qualcun altro che non avesse di questi problemi. Con il sorriso che ha potrebbe anche permetterselo.
(Tg2, 12 marzo 2008)
È un consiglio che mi viene dal cuore, da vero padre di famiglia.»
«Grazie, Presidente, sono certa che molte italiane che hanno un bel sorriso ne approfitteranno. Io, per il momento, voglio realizzarmi affidandomi solo alle mie capacità. Comunque, non divaghiamo, ci sono tante altre domande che meritano una risposta.»

«Come sta andando?» chiese preoccupato il professor De Giorgis al direttore dell’Unità di Crisi.
«Benissimo! È da non credere, sembra proprio Lui in persona, solo che risulta più bello, affascinante e pure ringiovanito. Ha proprio fatto un buon lavoro!»
De Giorgis insistette: «Però, mi sembra che stia un po’ esagerando.»
«Macché! Anzi, si sta trattenendo! Lasci i parametri come sono. È perfetto!»

L’intervista procedeva senza intoppi. Ogni tanto l’immagine del Presidente sembrava tremolante, mentre in certi momenti lo sguardo appariva assente, ma riacquistava subito dopo vivacità. Insomma, Clara Bonucci si sentiva a disagio, a volte credeva di trovarsi di fronte a un automa, però immediatamente si ricredeva nel constatare la coerenza delle risposte e la luce nello sguardo.
Clara riprese l’argomento emerso nella risposta precedente, perché non voleva fargliela passare troppo liscia: «Questa sua dichiarazione, sul fatto che una bella donna dovrebbe pensare ad accasarsi piuttosto che impegnarsi in una carriera, non trova che sia offensiva? Lei divide le donne in belle e brutte e ritiene che solo queste ultime debbano essere intelligenti?»
Il Presidente sorrise e socchiuse le palpebre lasciando balenare un’occhiata d’intesa: «Ora non mi metta in bocca parole che non ho detto. Mi viene in mente una signora dell’opposizione che quando si alza la mattina e si guarda allo specchio si è già rovinata la giornata
(Si riferisce a Mercedes Bresso, 23 marzo 2009), oppure un’altra che ravviso che è sempre più bella che intelligente. (Si riferisce a Rosy Bindi, 23 marzo 2009)
Intendo dire, se non si fosse capito, che se una donna è brutta non è detto che sia intelligente. Certo queste possono essere battute di spirito conosciute e di largo consumo. Andate a vedere gli insulti che hanno fatto alle mie ministre che sono persone bravissime e assolutamente diverse da ciò che si vuol far pensare che siano.
(24 marzo 2009)
Ad esempio, ho una speciale predilezione per Mara Carfagna. Faccio i complimenti a Mara, che è bella, dolce e intelligente, ma anche una donna con le palle.
(24 marzo 2009)
E ho questa stima per tante altre belle donne impegnate in politica nella mia coalizione che si dimostrano intelligenti quanto belle. Mi piacerebbe avere un governo di sole donne.
Zapatero ha fatto un governo troppo rosa che noi non possiamo fare anche perché in Italia c’è una prevalenza di uomini
(Radio Montecarlo, 15 aprile 2008). Ritengo però che sia un peccato.»
«D’altra parte lei, Presidente, non ha mai fatto mistero di essere attratto dal fascino femminile. Ma è certo di essere apprezzato per quello che lei è, come persona e come uomo, e non solo per il suo denaro?»
«Non ne ho alcun dubbio. Anche recentemente ho dovuto rispolverare le mie doti di playboy con donne presidente di rango pari al mio e il successo che ho ottenuto è stato evidente.»
Clara cambiò quindi discorso: «Abbiamo capito che ha una grande stima delle donne del suo governo. E degli uomini cosa ci dice? Bossi e Fini, ad esempio.»
Un velo di tristezza scese sul Presidente:
«Bossi è un uomo coriaceo, come sanno tutti, ma è sempre stato un realista: senza il suo realismo il Polo delle libertà non sarebbe mai nato.
(la Repubblica, 5 novembre 1995)
Nonostante atteggiamenti volutamente devastanti, il Bossi è un buon italiano: è diverso dai vecchi e nuovi marpioni della politica. E in questo me lo sento fratello.
(Panorama, 4 febbraio 1994)
A Fini invece sta stretto il ruolo di presidente della Camera e coglie ogni occasione per ritagliarsi uno spazio, per avere visibilità.
(Corriere della sera, 12 maggio 2009)
Ci sono tante possibilità di impegnarsi per il bene del Paese, per cui c’è gloria per tutti.
(la Repubblica, 21 dicembre 2003)»
Clara quindi chiese: «Tra le tante categorie che si impegnano per il bene del paese, secondo lei, non sembra esserci l’ordine giudiziario...»
Il Presidente rispose: «Non posso che ripetere concetti espressi più volte. Secondo me il pubblico accusatore dovrebbe essere sottoposto periodicamente a esami che ne attestino la sanità mentale.
(8 aprile 2008)
Io non ho mai attaccato i giudici, anzi è il contrario.
(la Repubblica, 27 dicembre 2008)
L’anomalia italiana non è Silvio Berlusconi, lo sono i PM comunisti e i giudici comunisti di Milano. Solo da quando Silvio Berlusconi è sceso in politica e ha sottratto il potere ai comunisti ha subito 103 processi.
(Reuters, 28 ottobre 2009)
Questi giudici sono doppiamente matti! Per prima cosa, perché lo sono politicamente, e secondo sono matti comunque. Per fare quel lavoro devi essere mentalmente disturbato, devi avere delle turbe psichiche. Se fanno quel lavoro è perché sono antropologicamente diversi dal resto della razza umana.
(la Repubblica, 5 settembre 2003)
La magistratura è una malattia della nostra democrazia, dobbiamo assolutamente cambiare l’ordine giudiziario, non lascerò la politica finché un cittadino non potrà andare davanti a un giudice che sia veramente imparziale.
(Matrix-Canale 5, 10 marzo 2006)
Ma queste cose le ho già ripetute troppe volte che ormai solo pochi non ne saranno ancora convinti.»
Clara allora provò a ribattere: «Eppure quella di cui parla non è la stessa magistratura che ha riscosso grandi successi sul fronte della lotta alla mafia?»
Il Presidente si rabbuiò ancora di più: «Ecco, dobbiamo finire parlando di mafia. Io se trovo però quelli che hanno fatto nove serie de ‘La Piovra’ e quelli che scrivono i libri sulla mafia, che vanno in giro in tutto il mondo a farci fare così bella figura, giuro li strozzo
(la Repubblica, 28 novembre 2009) Non si meriterebbero altro per il danno che hanno fatto e fanno al paese.»
«Vuole dire che la Mafia non esiste?» disse Clara cercando di non far esplodere la sua indignazione.
«Non dico questo» sostenne il Presidente, «ma se c’è una persona che per indole, sensibilità, mentalità, formazione, cultura ed impegno politico, è lontanissima dalla mafia questa persona sono io
(la Repubblica, 29 novembre 2009). E ho detto tutto.»
«C’è un’altra categoria che secondo lei non si impegna per il bene del paese: quella dei giornalisti. Mi sbaglio?»
«Non si sbaglia in Italia c’è un regime, sì, cari giornalisti: i dittatori siete voi. Il futuro è digitale; i giornali hanno fatto il loro tempo. Le vostre battaglie sembrano quelle dei costruttori di carrozze che volevano impedire la diffusione delle auto. Non potete fermare il progresso. Non so indicarvi io la soluzione, ma quando ci sono prodotti che diventano obsoleti bisogna prendere altre strade.
(10 dicembre 2003)
Su 5 milioni di copie di quotidiani vendute ogni giorno (esclusi i giornali sportivi), solo 250 mila sono favorevoli all’esecutivo e 750 mila neutrali: quattro milioni sono contro. Mi sono rivolto più volte agli organismi internazionali per un intervento, ma questa verifica non viene fatta e continuo a leggere sugli organi d’informazione internazionali che in Italia c’è una reale preoccupazione per la libertà di stampa
(Quotidiano nazionale, 7 novembre 2003). È da non credere.»
«Ammesso che sia vero, è anche un fatto che la maggior parte delle televisioni sia in mano sua» replicò Clara.
Lo sguardo del Presidente mostrò un’evidente delusione:
«Non mi aspettavo questo argomento trito e ritrito da una persona intelligente come lei si è dimostrata finora.
Diciamolo, avere tre televisioni mi ha danneggiato.
(maggio 1994)
In TV, ogni giorno, su tutti i canali, in prima serata mi prendono per il culo. Questa abitudine sta diventando insopportabile. Deve finire.
(la Repubblica, 12 novembre 2008)
C’è una sola cosa che non mi ha penalizzato: il pubblico italiano non è fatto solo di intellettuali, la media è un ragazzo di seconda media che nemmeno siede al primo banco. È a loro che devo parlare
(Corriere della sera, 10 dicembre 2004). Loro mi possono capire.»
«Quindi lei ritiene di essere un uomo che riesce a comunicare con la gente comune, questo significa che si ritiene un uomo del popolo?» chiese Clara.
«Non so se sono un uomo del popolo, ma sicuramente sono un uomo per il popolo. Che cosa ho fatto per il popolo?
Solo Napoleone ha fatto di più.
(Matrix-Canale 5, 10 febbraio 2006)
Su Napoleone ovviamente scherzo: io sono il Gesù Cristo della politica, una vittima, paziente, sopporto tutto, mi sacrifico per tutti.
(ANSA, 12 febbraio 2006)
Hanno fatto una prova anche su di me, sulla mia funzionalità cerebrale e fisica e hanno deciso che sono un miracolo che cammina.
(ANSA, 5 ottobre 2002)
Mi sta venendo un complesso di superiorità tanto che dico: “Meno male che ci sono io”. Non so un altro che cosa avrebbe fatto. Nessuno avrebbe potuto fare meglio di quello che ho fatto io.
(Adnkronos, 3 dicembre 2002)
Quando sono entrato in carica ho trovato un Paese che non contava niente sulla scena internazionale. L’Italia, che non contava, ha ora uno smalto internazionale e un suo peso specifico anche in situazioni determinanti.
(Rainews24, 30 dicembre 2002)
Non c’è nessuno sulla scena mondiale che può pretendere di confrontarsi con me, nessuno dei protagonisti della politica che ha il mio passato, che ha la storia che ho io. Da un punto di vista personale se c’è qualcuno che ha una posizione di vantaggio questo qualcuno sono io. Quando mi siedo a fianco di questo o quel premier o capo di stato, c’è sempre qualcuno che vuole dimostrare di essere il più bravo, e questo qualcuno non sono io. La mia bravura è fuori discussione. La mia sostanza umana, la mia storia, gli altri se la sognano.
(ANSA, 7 marzo 2001)
Ecco chi sono.»
Clara era rimasta a bocca aperta. Non si aspettava una dichiarazione finale su Napoleone, Gesù Cristo e il miracolo che cammina, ma colse l’occasione al balzo e disse: «Nessuno può affermare che lei non abbia fiducia nelle sue capacità e una grande opinione di se stesso. Mi permetta un’ultima domanda prima di congedarla. Poco fa ha detto che lei è un miracolo che cammina... ma dove cammina? Sulle acque?»
I riflettori nello studio persero un po’ di luminosità, sembrava che una grande quantità di energia fosse assorbita chissà da quale congegno elettronico. Anche l’immagine del Presidente divenne un po’ opaca, il volto paonazzo, quasi si poteva vedere una goccia di sudore colare sulla fronte, ma poi la luce si stabilizzò e lo schermo riprese luminosità. Allora il Presidente sfoderando un sorriso sfolgorante rispose: «Sulle acque? Non ancora, signorina, ma ci sto lavorando.»
Clara sorrise a sua volta, uno a uno e palla al centro. In quell’istante però lo schermo si oscurò e dalla regia dissero: «Molto bene signorina, la registrazione è terminata.»

* * *
Nella sala di regia il direttore si stava complimentando con il professor De Giorgis: «Un’intervista eccezionale. La mandiamo ai telegiornali così com’è. Quando il Presidente la vedrà, quasi si convincerà di averla sostenuta davvero lui. Ne registreremo altre durante la convalescenza, magari anche dichiarazioni sull’attualità. Avete fatto un ottimo lavoro!»
De Giorgis si scherniva, sospettava che potesse derivarne qualche fregatura per lui e il suo tranquillo posto di libero docente.
«Il sistema sarebbe perfetto se non fosse limitato ad apparizioni in video. Certo al giorno d’oggi la TV è fondamentale, ma ci sono anche occasioni in cui bisogna apparire di persona. Mi riferisco al G20 prossimo» disse il direttore, quasi come se pensasse ad alta voce.
De Giorgis inizialmente non aveva intenzione di esporsi troppo, ma ormai era in ballo e forse era opportuno andare fino in fondo. Fece cenno al direttore di seguirlo. Uscirono dalla sala di regia e scesero una scaletta al termine di un corridoio. Si trovarono in uno scantinato buio e molto ampio. Si potevano intravedere le pareti di una sala vuota con al centro un tavolo e su questo una figura indistinta. All’improvviso, con uno schiocco, si accesero le fotoelettriche tutt’intorno e la sala si illuminò: sul tavolo ora si poteva vedere una figura umana coperta da un lenzuolo.
«Lei voleva qualcosa di più» disse De Giorgis nei pressi del tavolo.
Senza aggiungere altro, di scatto tolse il lenzuolo e scoprì il corpo. Il direttore riconobbe subito il Presidente, era il corpo nudo del Presidente! Solo che, con raccapriccio, vide un braccio, il ventre e parte della testa completamente privi di pelle. Al di sotto si potevano vedere cavi elettrici, barre d’acciaio e attuatori pneumatici.
De Giorgis disse con orgoglio: «Quando sarà completo, nessuno potrà accorgersi della differenza.»
«È incredibile! È... è fantastico! Chi ne è a conoscenza?»
«Io, lei e il mio allievo di Redipuglia» rispose il professore.
Mentre De Giorgis, estasiato, continuava ad ammirare la sua stessa opera, il direttore si rese conto delle notevoli potenzialità di quell’androide. Quindi prese il cellulare con mano tremante e gli disse: «Annulla la promozione per il ragioniere e...», si ricordò in quell’istante che De Giorgis lo stava ascoltando, «e... mandalo in ‘licenza premio’ nello stesso posto dove è andato l’altro ragioniere capo.»
Il telefonino rispose bip-bip.
F I N E

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