venerdì 27 maggio 2011

USAM XXXIX: "Io rinascerò" di TETRACTYS

Recensioni della XXXIX edizione di USAM di Edizioni XII.
Arrancava, un passo dopo l’altro, tra gli scheletri degli alberi, tormentato dal vento che soffiava a raffiche e sollevava gelidi mulinelli di neve. I lupi che lo inseguivano da ore non si preoccupavano più di rimanere sottovento; il loro odore si intensificava: lo poteva percepire con chiarezza, acre e selvatico, nell’aria resa pura dal freddo.
Aveva perso molto sangue. I movimenti si erano fatti lenti e ogni passo che affondava nella neve gli provocava forti dolori.
Si guardò intorno. Mentre scrutava fra cespugli spogli e tronchi in letargo, all’improvviso si delinearono, nella penombra del crepuscolo, le sagome di un branco di lupi che ansimavano fiutando le tracce. Nella semioscurità, i loro occhi fiammeggiavano famelici.
Spaventato, spiccò un salto, ma fu subito artigliato dalla morsa gelata della neve fresca. Dopo alcuni tentativi, disperò di riuscire a liberarsi... (continua
) 

I lettori dicono...

  • Scrittura discreta, a parte qualche descrizione d’ambiente improvvisata, ma idea povera. Sa troppo di già visto e rivisto parecchie volte, mentre la morale si risolve al solito “oggi a me, domani a te”.
  • Mi sfugge la doppia storia: esattamente a cosa serve tutta la parte dei cinesi? Così com'è sembra fine a sé stessa e la si può tranquillamente eliminare senza che cambi niente, anzi il racconto diventerebbe più focalizzato e non avrebbe che da guadagnarci.
  • La storia è scritta bene e sembra stare in piedi. Tuttavia non si capisce molto il collegamento fra la parte del tibetano e quella del cervo. L'unico legame è il concetto di reincarnazione, ma per avere senso la storia avrebbe dovuto essere più lunga ed elaborata.
  • Anch'io ho avuto parecchie perplessità riguardo alla connessione fra il cervo e il tibetano. E se una storia breve non è chiara subito, secondo me perde tantissimo.
    Ho letto, ma anche se sono un chitarrista (da quattro soldi) le mie corde non hanno vibrato.
  • Il racconto è ben scritto: niente da dire su punteggiatura, linguaggio, sintassi.
    Lo stile è pulito, chiaro e scorrevole: non dà adito a errori o dubbi.
    Rimane la domanda, comunque non rilevante, se quello nel cervo sia lo spirito del monaco tibetano incontrato all’inizio della storia o se sia semplicemente un’altra manifestazione della verità, relativamente al racconto, in cui credeva.
    Si ha un po’ una caduta verso la fine, col dialogo fra gli animali: prima il capobranco che ordina ai gregari di aspettare (mi aspetterei piuttosto che li cacciasse via con una certa fisicità), poi addirittura un colloquio così complesso fra due animali di specie diverse. Capisco che ai fini della storia era necessario in qualche modo portare alla luce quei fatti, che sono appunto la storia stessa, ma così la credibilità ne risente troppo.
    Infine ho sentito un po’ la mancanza della possibilità di empatizzare con qualcuno dei personaggi.
  • Per me la scrittura non è per niente discreta. Anzi, direi più che buona. La tecnica descrittiva, l'uso sintattico e la scelta lessicale (a parte qualche ovvietà, che ho imparato a mie spese, come "dolore lancinante") sono veramente buone, secondo me.
    La scrittura, quindi, non difetta.
    Ma la storia sì. Insomma, è una storiella, quasi una fiaba dalla morale "difficile". Davvero si riduce tutto a "oggi a me, domani a te" o c'è qualcosa di più, che magari non abbiamo colto? In ogni caso la tecnica che hai è ottima.
    La storia, tuttavia, non mi ha entusiasmato.
  • Ad avermi completamente "smontato" il racconto è stato il dialogo finale tra cervo e lupo. fa troppo esopo, mi aspettavo qualcosa di realistico come lo era stato fino a quel momento, invece di una fiaba. avresti potuto lasciare gli stessi concetti nei "pensieri" degli animali, senza farli conversare.
    A parte questo, il racconto è scritto bene, ma la morale (appunto, favolistica) è un po' facilotta, così come il parallelo karmico cacciatore/preda. tra l'altro, se l'intento era far capire che il cervo si è reincarnato nel soldato, la cosa non è chiara, perché i due episodi sembrano avvenire nello stesso momento.
    E poi, scusa, ma chiamarlo "io rinascerò", e poi metterci un cervo fa pensare a Cocciante, e la cosa non è che aiuti a mantenere il pathos.
  • Avrei un po' di domande: ma il cervo dell'ultimo paragrafo è il cervo che pascola vicino al monaco quando viene ucciso? O è il monaco reincarnato? E i lupi sono la reincarnazione di chi? Oppure le due storie sono solo accostate perchè ripetono (su due piani diversi, umano e animale) la stessa storia di cacciatori e prede? Che cosa ancora non avrò capito? Ti metto 2 o 3 (il testo è piuttosto bello, malgrado io abbia le idee confuse sul suo senso più profondo)? [...]
    Riletto, sì ora è chiaro il senso. Ma sai che (me ne rendo conto adesso) quasi quasi era meglio che non si capisse proprio così chiaramente? Diciamo una via di mezzo tra le due storie apparentemente indipendenti di prima e questa anticipazione così diretta del monaco moribondo.
  • Io ho letto l versione 3, e le equazioni
    Cervo--->soldato
    e non necessariamente
    Lupo---->monaco
    mi sono sembrate chiarissime.
    il problema è che mi trovo d'accordo con gli altri, storia troppo superficiale e già sentita, scrittura un po' piatta che non fa disprezzare i cinesi nè apprezzare il monaco... magari calcare un po' la mano sul conflitto cina-tibet avrebbe giovato, ma forse avrebbe anche spostato il focus dal tema centrale della reincarnazione... ora ti cadranno le braccia, ma io al contrario degli altri ho trovato riusciTa solo la parte con i cinesi.

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